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Torre Alfina: un luogo fiabesco

Avete mai sentito parlare del castello di Torre Alfina, del bosco del Sasseto o della Riserva naturale di Monte Rufeno? Sono tre luoghi fiabeschi situati nel borgo medievale di Torre Alfina, in un territorio compreso ancora nella regione Lazio ma prossimo alla Toscana e all’Umbria. I luoghi citati costituiscono una ragione più che valida per fare una tappa in questo borgo. Munitevi di scarpe da ginnastica ed abbigliamento pratico ed abbiate cura di prenotare preventivamente la visita al bosco del Sasseto. Essendo un luogo protetto per le ragioni che a breve illustrerò, è visitabile solo accompagnati da una guida che racconta le vicende naturali e storiche del luogo.

Il bosco del Sasseto nel 2018 è stato acquisito dal Comune di Acquapendente ma, fino a pochi anni fa, era di proprietà privata e ha seguito le alterne fortune che hanno coinvolto il vicino castello. L’ultimo proprietario è stato Gaucci, ex presidente del Perugia calcio, noto alla cronaca per essere stato condannato per bancarotta fraudolenta e per essere fuggito in Repubblica Dominicana, dove poi è deceduto. Dal 2005, anno in cui fu dichiarato il fallimento della società sportiva, entrambi sono passati sotto la gestione di un curatore fallimentare. Il castello, nonostante vari tentativi di vendita all’asta, è ancora sotto curatela. Il bosco invece, come già anticipato, è diventato pubblico perché il Comune di Acquapendente, attraverso una procedura di esproprio, ne è entrato in possesso.

Ma entriamo più addentro nella descrizione di questi splendidi luoghi.

Il castello

Il castello neogotico, così perfetto con le merlature e le cinque torri di cui si compone, sembra uscito da un libro delle fiabe. Si staglia nitido poco prima di salire al paese e domina tutta la valle circostante. Anzi, la visuale migliore per vedere il castello nella sua interezza è proprio fuori dal borgo, poco prima di salire.

Le sue origini risalgono all’VIII secolo quando Desiderio, re dei Longobardi, lo fece costruire accanto ad una preesistente torre di avvistamento, inglobandola. Nel 1200 il castello passò alla famiglia Monaldeschi, feudataria di tutta la zona circostante, e ne detenne la proprietà fino al 1880 quando fu venduto ad Edoardo Cahen, figlio di un ricco banchiere d’Anversa. In realtà il suo cognome era Cohen, ma lui lo cambiò in Cahen per celare le sue origini chiaramente ebraiche. Trasferitosi in Italia, Edoardo ottenne il titolo di Marchese dal re Vittorio Emanuele II come ricompensa per aver contribuito economicamente al progetto di unificare l’Italia, e scelse come sua dimora questo castello. A lui si deve l’aspetto attuale del maniero. Un architetto, incaricato del rifacimento della facciata esterna, diede questa impronta tipicamente medievale. Il rivestimento con pietre grigie e le torri merlate, di cui quattro quadrate ed una circolare, conferiscono al maniero un aspetto dal fascino misterioso e fiabesco. Alla sua morte, il castello passò ad uno dei suo figli. In piena epoca fascista e con l’introduzione delle leggi razziali, quest’ultimo dovette abbandonare l’Italia e così lo donò al suo maggiordomo. Con il tempo si sono susseguiti diversi proprietari fino alle vicende poc’anzi raccontate. Il castello è visitabile anche all’interno, anche se, a causa dell’emergenza sanitaria, al momento non è aperto. Io avevo avuto modo di visitarlo nel 2015 e devo dire che mi aveva più colpito il suo aspetto esteriore.

Il bosco del Sasseto

L’altra buona ragione per visitare Torre Alfina è costituita dal bosco del Sasseto. Ai piedi del castello, in un profondo vallone protetto da un lato da una parete rocciosa e scosceso a precipizio verso valle dall’altra parte, si estende un bosco strabordante di alberi secolari e dalle lunghe chiome. Posizione e vegetazione fitta rendono il bosco impenetrabile e lo ammantano di fascino e di mistero. Qui l’uomo ha fatto ben poco. L’unica artefice di tanta bellezza è la natura che distrugge per poi donare un nuovo equilibrio. Il sentiero che attraversa il bosco fu realizzato per volere del Marchese da esperti paesaggisti per renderlo fruibile e per farlo diventare in un certo senso parco del castello. Il Marchese Cahen amava così tanto questo luogo da eleggerlo a sua dimora eterna. Su un pianoro a valle, completamente nascosto dalla vegetazione, si trova un mausoleo in stile neogotico dove volle farsi seppellire.

Ma perché si chiama Bosco del Sasseto? La ragione è semplice. La superficie del bosco è ricoperta da imponenti massi di origine vulcanica. Sulla sommità, dove si trova il castello, in origine c’era il cratere di un vulcano e quei massi non sono altro che il risultato di una o tante violente eruzioni. Lanciati per aria direttamente dalla bocca del vulcano si sono ammassati gli uni sugli altri in questo luogo. Con il tempo, i massi si sono ricoperti di muschio.

Questo è senz’altro il primo motivo per cui è stato definito dal National Geographic “Bosco delle fate”. Una flebile luce filtra in diagonale tra le chiome altissime degli alberi secolari. Guardando intorno è facile imbattersi in alberi dalle forme più bizzarre o incontrare alberi “morti” ma ancora in piedi ed i cui tronchi sono completamente scavati all’interno o, diversamente, vedere alberi “vivi” che crescono in orizzontale occupando altri spazi. È un susseguirsi di tronchi dalle sembianze mostruose e ricolmi di rami aggrovigliati in maniera caotica e che sembra vogliano avvolgerti e risucchiarti all’interno. E’ un luogo magico e straordinario da ammirare con stupore fanciullesco!

Tra le tante cose che mi hanno colpito vorrei segnalare un gigantesco masso dove vi è una piccola targhetta con un mazzo di fiori: è il tributo che gli abitanti del paese di Torre Alfina fecero al bosco per averli protetti dai bombardamenti aerei durante la seconda guerra mondiale. Ne uscirono tutti incolumi.

Il bosco è un’area protetta e molti alberi secolari sono stati dichiarati patrimonio nazionale.

Per questo motivo lo si visita con una guida acquistando il biglietto nell’ufficio turistico posto nella piazza principale di Torre Alfina. La durata della visita è di circa un paio di ore e il percorso di circa 3 km è piuttosto semplice e fattibile per tutti. A causa dell’emergenza sanitaria le visite sono effettuate per gruppi contingentati, quindi conviene prenotare qualche giorno prima (online troverete tutte le info).

La riserva di Monte Rufeno

Vale la pena fare la breve passeggiata che porta alle cascate. Si tratta di una breve passeggiata di circa 20 minuti. Dal museo del fiore (in questo periodo è chiuso a causa del covid) parte un sentiero che scende fino alle cascate e ad un antico mulino. Lasciate la macchina davanti al cancello che porta al Museo del fiore e a piedi attraversate il cancello fino ad arrivare davanti ad una meravigliosa quercia secolare. Prendete il sentiero a sinistra. E’ un luogo non meno interessante del bosco del Sasseto. Arrivate sino al bellissimo ponte in pietra ed osservate le tante piccole cascate che si susseguono in questo tratto. Vi lascio anche un video per rendere meglio l’idea.

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